La febbre non è una malattia, ma una difesa naturale del corpo che reagisce
all'attacco di una malattia: l'aumento della temperatura aiuta a distruggere i
germi. La temperatura corporea può variare da persona a persona e, soprattutto
nei bambini, si può avere un aumento transitorio in seguito a sforzi, ingestioni
di pasti o bevande calde, riscaldamento eccessivo dell'ambiente.
In tal caso è privo di significato. Si dice che un bambino ha la febbre
quando la sua temperatura corporea supera i 37° C, se si misura sotto le
ascelle, o se supera i 37,5° C nel caso la si misuri ponendo il termometro in
bocca o nel retto.
Se il rialzo è modesto (temperatura inferiore a 38,5° C) non occorre
intervenire subito con farmaci, ma è buona norma attendere almeno 24 ore,
sorvegliando attentamente il bambino.
In questo lasso di tempo è utile farlo bere acqua, tè deteinato, camomilla
o altre bevande a lui gradite.
Un'eccezione è rappresentata dai bambini che hanno avuto un precedente
episodio di convulsioni febbrili: indipendentemente dai gradi di temperatura si
deve intervenire subito in modo da evitare la comparsa di nuove crisi
convulsive.
È importante osservare il bambino nel suo complesso: è pallido? È vivace?
Ha appetito? Ha voglia di giocare? Piange continuamente? Altri segni infatti
sono spesso più importanti della febbre: respirazione difficoltosa e naso
chiuso, tosse, mal d'orecchio, vomito, diarrea.
Se la temperatura raggiunge valori molto elevati (attorno ai 41° C) si
parla di iperpiressia; si tratta di un'evenienza molto rara nel bambino, che
richiede tuttavia un consulto medico.
Il bambino non va coperto in modo eccessivo, così si permette al corpo di
traspirare e quindi di disperdere il calore.
Non va forzato a mangiare: piccoli pasti facilmente digeribili (minestrine
in brodo, latte, spremute di frutta) sono l'ideale.
L'uso dei farmaci antifebbrili (antipiretici) va riservato ai casi in cui
la febbre è causa di disagio per il bambino; di solito ciò si verifica per
temperature superiori ai 38,5° C ascellari o ai 39° C rettali.
Quando si rende necessario un trattamento antipiretico la preferenza va
data al paracetamolo in sciroppo o gocce (ad esempio Acetamol, Efferalgan,
Tachipirina), somministrando da 10 a 15 mg ogni chilo di peso del bambino come
prima dose.
Se dopo un'ora il farmaco non ha fatto effetto, somministrare una seconda
dose di 10 mg/kg. Ripetere, se necessario, con 10 mg/kg ogni 6 ore, ma non più
di quattro volte nelle 24 ore.
Le gocce possono essere mescolate con altri liquidi più gradevoli per
renderle più accettabili.
Il farmaco funziona meglio se assunto con acqua a stomaco vuoto, ma può
essere preso anche a stomaco pieno. Se il bambino non accetta la via orale
(molti bambini vomitano quando hanno la febbre alta) o è molto piccolo e ha
qualche difficoltà a deglutire si possono impiegare le supposte di paracetamolo.
Il dosaggio va scelto in funzione dell'età del bambino: nei bambini fino a
un anno, una microsupposta da 80-125 mg; da 1 a 6 anni, 1 supposta da 250-300
mg; oltre i 6 anni, 1 supposta da 500 mg. La somministrazione può essere
ripetuta 2-3 volte al giorno.
L'aspirina è da evitare nei bambini di età inferiore ai 12 anni, sia come
antifebbrile che come antidolorifico, in presenza di malattie di origine virale
(es. influenza, varicella) per il rischio di una rara quanto grave malattia: la
sindrome di Reye. Così pure è sconsigliabile la noramidopirina (es. Novalgina)
responsabile, anche se raramente, di danni a carico del sangue.
Ovviamente, se la febbre persiste per più di 24 ore anche dopo l'uso del
paracetamolo e il piccolo presenta altri disturbi è bene consultare il pediatra,
riferendo: l'età del bambino, la temperatura misurata con idoneo termometro, la durata
delle febbre, eventuali altri disturbi. Verificare se il bambino è stato a
contatto nei giorni precedenti con persone ammalate.

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